Michele Di Maggio: «Ora dobbiamo scalare l’Everest. C’è bisogno di una reazione d’orgoglio, di tanto lavoro e altrettanto sacrificio»

Michele Di Maggio, classe 1987, capitano dell’Abano

La brutta sconfitta nello scontro diretto con l’Euganea Rovolon Cervarese ha rispedito l’Abano all’ultimo posto solitario del girone «C» di Promozione, a -1 dall’ABC Arre Bagnoli e a -2 dai rivali di ieri pomeriggio.
Uno scivolone che non ci voleva e che mette la strada ancora più in salita in vista del rush finale delle ultime quattro giornate.
Oggi ne parliamo con il capitano Michele Di Maggio, fresco papà del piccolo Gabriele (nato il 3 marzo).
«Per la nascita di mio figlio ho saltato la partita con l’Azzurra Due Carrare, in cui i compagni mi hanno fatto un bellissimo regalo conquistando la vittoriale parole del jolly difensivo neroverde, classe 1987Domenica invece ho sofferto molto, perché dalla panchina ho vissuto la sconfitta più netta dal mio arrivo ad Abano. Non avevamo mai preso quattro gol e lo abbiamo fatto nell’occasione peggiore, in uno scontro diretto cruciale nella corsa alla salvezza. Purtroppo la giovane età della rosa implica che pochi sanno giocare e preparare al meglio questo tipo di “finali”. L’Euganea ci ha surclassati in tutti i reparti e ha vinto meritatamente, mettendo in campo una qualità maggiore e non da ultima della classe».
Da qui alla fine non c’è più margine di errore.
«Ora dobbiamo scalare l’Everest. Le prossime due partite saranno fondamentali: affronteremo la Villafranchese seconda in classifica, che viene da una vittoria roboante, e il SaonaraVillatora, che senza la sconfitta a tavolino e altre sfortune incontrate durante l’anno sarebbe sicuramente in lotta per il secondo posto. Per di più, tra infortuni e squalifiche, lo faremo in emergenza. C’è bisogno di una reazione d’orgoglio, di tanto lavoro e altrettanto sacrificio. Io, per natura, non mollo mai: e sono certo che non lo faranno nemmeno i compagni. In un campionato così equilibrato non c’è niente di scontato. Ci crediamo e ci proveremo fino alla fine, provando a gettare il cuore oltre l’ostacolo».

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